Elleboro: storie ed arte

Helleborus niger L. Pittrice: Silvana Rava. -  Illustrazione che ha vinto nel 2007 la medaglia d’oro della RHS


L’Elleboro è noto dall’antichità come pianta potente: come altre ranuncolacee, contiene sostanze organiche dotate di grandi effetti farmacologici anche se usate in quantità minima. In effetti, è pianta velenosissima, protagonista in età antica della prima guerra chimica. Val la pena raccontare in breve questa vicenda, documentata da numerosi storici contemporanei ai fatti. 
All’inizio del VI sec. a. C., in Grecia, la Lega anfizionica di Delfi si scontrò con la città di Kirrha, sulla costa Nord del Golfo di Corinto. Kyrrha infatti era solita sconfinare nelle terre di Delfi e aggredire e derubare i pellegrini che attraversavano il suo territorio per recarsi al santuario. La Lega quini bloccò il porto di Kyrrha con la sua potente flotta e assediò la città, che però resisteva. A un certo punto fu scoperta per caso una conduttura segreta di acqua che approvvigionava la città; un medico consigliò gli alleati di avvelenare l’acqua con l’elleboro, cosa che fu fatta facilmente, perché la pianta cresceva in quantità sulle alture circostanti. I difensori, indeboliti o uccisi dal veleno, non poterono più resistere e Kyrrha fu presa e distrutta. 

Francesco Capiaghi (1831-1898), Ellebori

Nella mitologia greca c’è almeno una storia in cui l’Elleboro ha un ruolo positivo. Melampo, un pastore indovino e guaritore, osservò che le proprie pecore si purgavano mangiando l’Elleboro. Quando seppe che le figlie del re di Argo erano state colpite da pazzia e correvano nude per strada gridando che erano diventate vacche, Melampo pensò di somministrare loro l’Elleboro. Le principesse guarirono e Melampo ne ottenne una in sposa, oltre a una parte del regno di Argo.


Gli antichi Greci, e dopo di loro i Romani, per indicare i folli usavano la frase “hai bisogno dell’Elleboro”, oppure “Va’ a Antikyra”, località dove l’Elleboro cresceva abbondante.

Anche gli Inglesi hanno una loro leggenda sull’Elleboro: spargendone la polvere di radice mentre si cammina, si diventerà invisibili!

James Gray (1917–1947) Natura morta con ellebori in un vaso di vetro. Acquerello

L’Oriente non conosce l’Elleboro, perciò dobbiamo limitarci a qualche esempio di arte occidentale.

I mesi

Marzo
Quando il Conte Re venne
per portar via il bimbo
nella poesia di Goethe, il padre disse
non temere,

è solo il vento…
Come se non fosse il vento
che soffia via i teneri
frammenti di questo mondo –

foglie rimaste negli angoli
del giardino, una Rosa di Natale
che ritenne di poter senz’altro
fiorire così presto.
Linda Pastan

Charles Rennie Mackintosh (1868-1928), Elleboro

Più noto per le sue architetture e il design, Mackintosh fu anche pittore e dedicò particolare attenzione ai fiori, che inserì in disegni di tessuti e mobili.

Ecco una sua affascinante citazione.
“L’Arte è il Fiore. La Vita è la Foglia Verde. Che ogni artista si sforzi di rendere il suo fiore una bella cosa viva, qualcosa che convincerà il mondo che ci possono essere, ci sono, cose più preziose più belle – più durature della stessa vita” 
(Charles Rennie Mackintosh, 1902, conferenza “L’appropriatezza”).


Karen Clark, Baccello di elleboro, olio e encausto su tavola, 2013

E infine la fotografia dell’olandese Tineke Stoffels, una natura morta ispirata a Giorgio Morandi

Tineke Stoffels, Natura morta con elleboro
Nicoletta Fumagalli

Bibliografia
Severino Viola, Piante medicinali e velenose della flora italiana, Maestretti 1965
Pamela Robertson, Charles Rennie Mackintosh: Art is the Flower, Pavilion 1995